Il Consiglio Generale del SIULP di Torino riunitosi il giorno 8 maggio, dopo le deliberazioni di carattere interno, ha sviluppato, approfondito ed approvato i punti all’ordine del giorno inerenti al tema del lavoro dei poliziotti e della sicurezza dei cittadini.
In particolare:
DENUNCIA
le difficili condizioni lavorative dei poliziotti che a causa di un organico deficitario, di situazioni logistico-strutturali, in particolare degli uffici operativi e di servizio al pubblico (volanti, ufficio immigrazione, commissariati, PASS e ufficio passaporti, porto d’armi, squadra mobile, specialità di Polizia ecc.), dall’assenza di un poligono di tiro funzionante, vanno ad inficiare gravemente il lavoro del poliziotto e di conseguenza a 360° la sicurezza dei cittadini. Condizioni strutturali ed energetiche dei posti di lavoro al limite della decenza, dai “bonus” e dagli obiettivi di performance energetici. Nonostante i buoni convincimenti, la transizione digitale in molti uffici di polizia sembra ancora nel mondo delle idee. Le buone intenzioni, manifestate attraverso gli annunci sulla presenza costante di poliziotti negli ospedali, nelle stazioni, nella Movida, nel contrasto all’immigrazione, nelle periferie ecc., si scontrano inesorabilmente con la carenza dell’organico. Il lavoro del poliziotto è sempre più gravoso e il deficit dell’organico, legato all’esponenziale richiesta di sicurezza che si concretizza nei servizi di O.P., di controllo del territorio, nei servizi info-investigativi e nel lavoro svolto dalle specialità della Polizia di Stato, rischia di mettere in discussione i diritti fondamentali come le ferie, i riposi, l’orario di lavoro (in molti casi con il doppio turno), il diritto allo studio e si accresce lo stress correlato da lavoro. Il SIULP di Torino intende salvaguardare i diritti dei poliziotti in tutte le forme rivendicative necessarie. Senza l’organico adeguato anche a Torino l’illegalità assumerà toni preoccupanti e, all’esasperazione dei poliziotti farà eco quella dei cittadini. Indispensabile mettere mano da subito alla riforma delle assunzioni in polizia velocizzando e razionalizzando gli ingressi attraverso differenti metodi e criteri organizzativi.
CHIEDE
l’apertura del Contrattato Collettivo Nazionale del Comparto Sicurezza e Difesa ormai scaduto nonché la revisione dell’Accordo Nazionale Quadro, pur condividendo la recente riforma del cosiddetto “cuneo fiscale”. lo sforzo immane dei poliziotti a garantire la sicurezza dei cittadini e con leggi che non li tutelano, non può sopportare l’immobilismo dell’apertura del contratto di lavoro.
sollecita
l’apertura del tavolo locale della contrattazione decentrata al fine di migliorare gli orari di lavoro dei poliziotti e rispondere alle diverse questioni di carattere logistico-strutturale.
stigmatizza
la lungaggine burocratica relativa alla liquidazione del T.F.S. che costringe i lavoratori pubblici ad attendere anche oltre 24 mesi la 1° rata.
ESPRIME FORTI PERPLESSITA’
sul decreto legislativo 10/10/2022 nr.150 cosiddetta legge Cartabia che aggrava ulteriormente il lavoro dei poliziotti, in modo peculiare nelle parti tecnico-strumentali dove vengono richieste strumentazioni ad oggi non ancora adeguate, oltre a impegnare maggiormente gli operatori, nonostante i limiti legati agli organici insufficienti. Nondimeno, la nuova procedibilità, nell’intento di velocizzare i processi, scarica l’onere e la responsabilità dell’azione penale sul cittadino rischiando, in realtà, di rendere artificioso e illusorio il dato reale dei reati consumati attesa la volontà del singolo di querelare. Reati, non proprio bagatellari e che, per la loro perseguibiltà, richiedono necessariamente la querela della parte offesa, senza tuttavia salvaguardare adeguatamente il cittadino querelante nella fase processuale.
SOTTOLINEA
l’inadeguatezza della legge penale che oltre a non tutelare adeguatamente le Forze dell’Ordine (un appartenente ferito ogni 3 ore) e le helping professions (medici, infermieri, ferrovieri, autisti di pulman, taxisti ecc), non garantisce la giusta deterrenza alla consumazione dei reati ma, soprattutto, non persegue le funzioni storiche della pena: retributiva, prevenzione generale, prevenzione speciale. Le pene sono blande, poco irrorate e il sistema rieducativo è decisamente in affanno. La “certezza della pena” da molto tempo è ormai ridotta ad argomento stucchevole per i salotti televisivi.
EVIDENZIA COME
taluni opinionisti e politici ritengano che l’immigrazione irregolare non sia’ un problema per la sicurezza, nonostante gli indicatori della quotidianità del controllo del territorio di Torino appalesano come, negli ultimi mesi nella città, circa il 70% degli arrestati per reati contro la persona e il patrimonio, siano consumati da extracomunitari e le segnalazioni di disturbo che inquietano i cittadini e legate al degrado, siano molto più persistenti. Da qui la necessità di intraprendere una seria politica sull’immigrazione che, oltre a migliorare il sistema dell’accoglienza, dovrebbe efficacemente limitare gli ingressi clandestini nel nostro Paese. Tuttavia, atteso che questa proposta non sembra di facile risoluzione e l’impegno dell’Europa fino ad oggi sembra evanescente, l’impegno dovrebbe rivolgersi all’attuazione dei rimpatri. Lo storytelling circa l’imprescindibile necessità di “accordi bilaterali” con i paesi di provenienza degli extracomunitari, senza i quali sarebbe impossibile procedere alle espulsioni, deve essere smentito categoricamente. Chiarezza e verità dovrebbero guidare gli opinionisti e gli “scienziati strategici” i quali dovrebbe osservare meglio le procedure, la pratica, l’esperienza, la competenza degli addetti ai lavori e soprattutto analizzare le criticità e le cause reali. Le ragioni per cui le espulsioni vengono eseguite molto lentamente, non dipendono essenzialmente dall’assenza di accordi bilaterali; i rimpatri a Torino, fino a quando il C.P.R. era funzionante, venivano quasi completamente eseguiti, con o senza gli accordi bilaterali, attraverso l’accordo con le ambasciate o i consolati degli extracomunitari irregolari, provenienti dai paesi cosiddetti sicuri.
le cause principali che rallentano le espulsioni dipendono:
-dal numero risicato delle Commissioni Territoriali che si occupano dei riconoscimenti delle protezioni a fronte del numero elevato dei richiedenti (3 a Torino);
-dall’inadeguato numero di poliziotti dell’Ufficio immigrazione necessario per procedere velocemente alle espulsioni (10 nella questura di Torino con abilitazione). Necessaria la costituzione di una consistente task force.
-dai ricorsi al Tribunale che rallentano ulteriormente le espulsioni giacche’ non si limitano a pronunciarsi sulla sospensione richiesta dall’interessato;
-dal numero insufficiente dei C.P.R. che andrebbero costruiti in tutti i capoluoghi di regione o, quantomeno nei luoghi di sbarco;
-dall’impossibilità di procedere direttamente dal carcere alle espulsioni degli extracomunitari, in virtu’ del numero inadeguato degli addetti agli accompagnamenti, trasferendoli per ulteriori mesi all’interno del C.P.R., occupando il posto degli irregolari, che restano liberi nel territorio.
-dalla necessità di dare la precedenza alla valutazione della richiesta di Protezione Internazionale a coloro che hanno commesso reati e sono indagati in stato di libertà, considerato che la presenza nel territorio aumenta il pericolo per i cittadini.
RITIENE
che i rimpatri, eseguiti in pochi mesi, oltre a ridimensionare il numero degli irregolari nelle stazioni e nelle periferie, potrebbero agire come deterrente agli ingressi in Italia oltre a rimpatriare percentuali significative di extracomunitari provenienti dai Paesi “sicuri” e non solo (Algeria, Albania, Tunisia, Marocco, Nigeria, “Egitto, Pakistan, Bangladesh”, ecc.) procedendo altresì ad integrare in modo più veloce ed efficace gli extracomunitari provenienti dalle situazioni belligeranti e agevolando il decreto flussi. Inoltre, se la protezione speciale ha acconsentito una interpretazione troppo elastica, l’ideale sarebbe sostituirla definitivamente con il “Permesso di Soggiorno Umanitario” a cura dell’Autorità di pubblica sicurezza poiché, non rientrando nella categoria delle protezioni, richiede condizioni più stringenti (non aver commesso reati), limitando la discrezionalità della Commissione Territoriale. Condivisibile è la scelta di inasprire le pene nei confronti di scafisti e trafficanti di esseri umani, com’è assolutamente condivisibile salvare sempre e comunque ed in qualunque modo i naufraghi.
ANNUNCIA
iniziative pubbliche che sensibilizzino i sindacati, le forze politiche, le associazioni e i cittadini torinesi sul tema della sicurezza, sotto l’aspetto legislativo e su quello prettamente logistico-operativo, agendo da monito per le Istituzioni, troppo distratte e, a volte, inadeguate. Al riguardo, la questione sicurezza e polizia, che impegnano il sindacato, sembra richiedano un percorso che delinei nuove forme più incisive di rivendicazioni tra le quali non sarebbe da escludere lo strumento dello sciopero, ponderato ad alcuni settori, e finalizzato a rafforzare la lotta sindacale.
Torino, 8 maggio 2023
UFFICIO STAMPA SIULP TORINO